Dalla mezzanotte di oggi, 1 settembre, è entrato in vigore un nuovo decreto che impedisce di applicare ai libri sconti superiori al 15 per cento. Si tratta della "Nuova disciplina del prezzo dei libri", un Disegno di Legge (DDL) proposto dal senatore Riccardo Levi, del Partito Democratico (purtroppo), e approvato in modo bipartisan grazie al consenso del Pdl.
La tesi, paradossale, alla base del DDL è di difendere la rete dei piccoli librai che non possono permettersi i prezzi scontati applicati sui libri dalla grande distribuzione, con l'alibi così di tutelare la diffusione della cultura nel nostro paese. In pratica: meno sconti sui libri, uguale più cultura.
Tesi paradossale e difficilmente condivisibile, che va contro il buon senso. In tutta Europa si opera per liberalizzare i mercati, in Italia il Parlamento interviene per impedire, per legge, che i libri vengano venduti ad un prezzo inferiore del 15 per cento di quello di copertina. Per capire l'assurdità di tale decisione basti pensare che si applica anche alle vendite on-line. Amazon Italia, nei giorni scorsi, in aperta polemica con questo DDL, ha messo in vendita il suo enorme catalogo on-line di libri con l'incredibile sconto del 40 per cento. Da oggi non può più farlo. La nuova legge, infatti, abroga una norma del 2001 che riconosceva, almeno per le vendite on-line, libertà di sconto sulla vendita dei libri.
Ma ad essere colpiti non è solo il commercio elettronico o i grandi librai: questa nuova norma colpisce, come sempre, i consumatori, i cittadini, le famiglie e gli studenti. E di fatto costituisce un enorme regalo alla potente lobby delle case editrici. Siamo alla vigilia della riapertura dell'attività accademica, a tutti i livelli, e tutti noi ormai conosciamo bene il giochetto delle case editrici di pubblicare ogni anno una nuova edizione di un libro di testo, apportando solo lievissime modifiche, ma aumentandone il prezzo di copertina. E questo si traduce in un salasso per le famiglie e gli